Nel 2000 le riviste biomediche saranno estinte?

Renzo Bassi
Ospedale di Legnago (VR)
       

Nel 1995 in un articolo sul British Medical Journal, Ronald LaPorte epidemiologo di Pittsburg, annunciava la prossima fine dei giornali e della stampa biomedici. Quattro anni dopo il processo sembra ben avviato sopratutto se si avvera la promessa di una biblioteca medica virtuale dal titolo PUBMED CENTRAL che il direttore del NIH (ministero della Sanità Americano) Harold Varmus ha lanciato in primavera 1999. Il progetto di una sorta di Medline in full text gratuito su Internet tiene conto del significato politico e strategico delle conoscenze mediche che devono essere a disposizione di tutti, compresi i pazienti e la gente comune, e facilmente accessibili.

Per la verità il progetto di Varmus, inizialmente denominato E-Biomed, ha dovuto venire a patti con le proposte di alcuni giornali scientifici e sopratutto con gli editori della stampa medica, che devono collaborare permettendo che i lavori siano pre o post pubblicati in ambiente elettronico. Il lancio di PUBMED Central è annunciato per il gennaio 2000, anche se inizialmente non si sa quanto sarà l’apporto di autori ed editori .

Anche questo era il tema sul quale si è dibattuto nella terza Conferenza Internazionale sulla revisione tra pari biomedica e le comunicazioni globali a Praga, nel settembre ’98.

Ma perché le riviste mediche dovrebbero scomparire fra poco più di venti anni?

In fondo questo settore dell'editoria sembra in ottima salute almeno a giudicare dai numeri. Nel mondo si contano migliaia di riviste mediche e nuove pubblicazioni vengono proposte ogni anno in quantità considerevole.

Ma negli ultimi anni, parallelamente al crescere del numero delle riviste, sono anche andate aumentando le critiche sul modo con cui queste selezionano e diffondono la comunicazione biomedica, a cominciare dal sistema della revisione tra pari.

La tradizione di richiedere a ricercatori qualificati di giudicare il lavoro di altri ricercatori

( i loro pari appunto) nasce quattro secoli fa con le Philosophical Transactions della Royal Society britannica , e nell'ultimo mezzo secolo si diffonde a tutte le principali riviste scientifiche. Lo scopo della revisione tra pari e quello di garantire la qualità e la correttezza scientifica di quello che le riviste pubblicano, ma non tutto funziona nel verso giusto.

In primo luogo questo sistema non ha impedito che anche riviste di grande prestigio ( il New England Journal of Medicine o Nature , per fare degli esempi) pubblicassero articoli che si sono rivelati delle vere e proprie frodi scientifiche. Ed anche rispetto alla sua efficienza nel dare la priorità nella pubblicazione ad articoli di qualità più elevata esistono dubbi. Infatti, come è stato sostenuto nella Conferenza, la valutazione dei revisori corre spesso il rischio di essere estremamente soggettiva e non vi sono in molti settori ( ad esempio per gli articoli di economia sanitaria) criteri di valutazione della qualità espliciti e sui quali esista un largo accordo.

Il sistema di revisione tra pari poi tende a favorire il conservatorismo, a rendere cioè più difficile la pubblicazione di ricerche non convenzionali o particolarmente innovative. E questo non è sorprendente se pensiamo che i revisori sono spesso esponenti dell'establishment scientifico-accademico che talora guardano con sospetto quanto tende a rompere i paradigmi consolidati della ricerca scientifica.

Infine la revisione tra pari tende a concentrare la valutazione sugli aspetti metodologici e formali degli articoli mentre spesso vengono trascurati quelli della qualità della scrittura.

Il risultato é che spesso le redazioni delle riviste tendono ad editare in modo tutt'al più marginale gli articoli da pubblicare, e che molti articoli risultano faticosi da leggere e difficili da comprendere per il lettore delle riviste biomediche.

Fin qui le principali critiche rivolte alla revisione tra pari, ma cosa hanno risposto i suoi sostenitori? L'argomento principale è che questo sistema, per quanto largamente imperfetto, é il migliore oggi disponibile per garantire nei confronti dei lettori una qualità accettabile di quello che viene pubblicato.

Non é infatti pensabile, é stato sostenuto, che ogni lettore sia in grado di giudicare in proprio tutti gli aspetti di metodo, spesso ultraspecialistici, di ogni ricerca che viene pubblicata. Quindi solo dei revisori esperti possano dare al lettore indicazioni sul fatto che le conclusioni di uno studio sono accettabili e basate su dati ottenuti in modo metodologicamente corretto.

Ma forse la minaccia maggiore per l'esistenza delle riviste biomediche, almeno nella loro forma cartacea che oggi conosciamo, sembra venire dalla possibilità di diffondere informazione direttamente sulle reti telematiche, ed in particolare su Internet.

Anzi in alcuni settori della ricerca scientifica Internet ha già quasi del tutto sostituito l'editoria scientifica tradizionale.

Il fisico americano Andrew Cohen ha raccontato come funziona oggi il sistema della comunicazione scientifica nel campo della fisica delle alte energie.

Ogni ricercatore una volta completato un articolo scientifico lo invia in rete in un archivio elettronico unificato e da quel momento in poi l'articolo può essere letto.

Il ricercatore può quindi decidere di chiedere la pubblicazione ad una rivista, che , sempre attraverso la rete, lo sottopone ai suoi revisori. L'articolo può esser quindi modificato sulla base del commento dei revisori ed accettato per la pubblicazione dalla rivista e quindi stampato. Ma, ha detto Cohen, in pratica nessuno leggerà quell'articolo sulle pagine della rivista.

L'unica traccia dell'avvenuta pubblicazione sarà rappresentata da una nota sull'articolo leggibile in rete che specifica appunto che é stato pubblicato su un certo fascicolo di una data rivista, e dalle modifiche apportate dopo la revisione tra pari.

In questo sistema quindi l'archivio elettronico svolge funzioni fisiche di disseminare l'informazione scientifica e di costituirne il database, mentre alla rivista scientifiche sono riservate funzioni logiche di intervento sulla qualità dell'informazione. Ma allo stesso tempo la rivista, e la revisione tra pari, perde qualsiasi funzione "censoria" sull'informazione scientifica. L'articolo scientifico circola e può esser letto prima della pubblicazione e anzi indipendentemente dal fatto che venga accettato o meno da una rivista. Ma certo le implicazioni della circolazione di informazioni senza alcun tipo di mediazione in un campo di interesse di un numero limitato di specialisti come la fisica delle alte energie sono estremamente diverse da quelle che si possono avere nel campo della medicina. E' lecito infatti chiedersi se sia privo di rischi avviarsi verso un sistema nel quale l'informazione biomedica, che spesso ha riflessi immediati sulla vita delle persone, sia presentato in modo indifferenziato e senza alcuna verifica di qualità.

Le potenzialità dell'editoria biomedica in rete vanno comunque molto oltre un aggiornamento del sistema di revisione tra pari. In una brillante lettura le ha illustrate l'epidemiologo americano Ronald LaPorte ; ne ricordiamo alcune:

  • In primo luogo l'editoria in rete è molto più flessibile.
  • Non ha i problemi di spazio né la rigidità di struttura delle riviste su carta.
  • Sarebbe ad esempio possibile fornire articoli ipertestuali (pensiamo ad esempio alla possibilità di fornire immagini in un articolo di radiologia o di chirurgia), predisporre versioni multilingue (non solo in inglese!) e versioni per il lettore non tecnico.
  • Inoltre la rete potrebbe favorire la rapidità di diffusione all'informazione biomedica e ampliarne l'accesso.

Di fronte a queste potenzialità l'editoria biomedica tradizionale non può pensare di non cambiare se non vuole, ha concluso LaPorte, finire come i monaci amanuensi dopo l'invenzione della stampa. L'entusiasmo di LaPorte comunque non è condiviso da tutti e c'è chi teme che lo sviluppo della comunicazione in rete si possa accompagnare ad uno scadimento generale della sua qualità e credibilità.

Il direttore del New England Journal of Medicine Jerome Kassirer ha detto ad esempio nel suo intervento di nutrire verso Internet gli stessi sentimenti che Groucho Marx nutriva verso la televisione quando diceva: "Trovo la televisione molto educativa. Ogni volta che qualcuno la accende vado in biblioteca a prendere un buon libro". Ma al di la delle battute sappiamo che anche il New England , come tutte le principali riviste biomediche, ha aperto il suo sito su Internet .

Il dibattito su questi temi resta aperto ma già si annunciano alcune sperimentazioni.

Il British Medical Journal ha valutato la possibilità di affiancare al tradizionale sistema di revisione tra pari un sistema "aperto" via Internet e ha lanciato proprio in dicembre 99 netprint , un sito cui inviare lavori scientifici bypassando gli editori.

Per avere una revisione (peer review) gli articoli inviati per la pubblicazione verrebbero posti a disposizione dei lettori che possono leggerli e suggerire modifiche (cos’ì tutti diventano dei peer review).

Un esperimento simile è stato ben condotto dal Medical Journal of Australia.

Iniziative analoghe stanno fiorendo, come quella del Lancet, che per non esser da meno dell’aggressivo (in senso elettronico) B. M. J. (che ha addirittura assunto un editore per la parte web) la lanciato un sito internet di lavori, accessibili gratuitamente, sui temi della medicina per i paesi in via di sviluppo.

Forse è ancora presto per dire su quali canali e con quali modalità viaggerà la comunicazione biomedica nel 2020.

In futuro comunque il modem e altri congegni elettronici diverranno parte dell’armamentario medico di base come lo sono lo stetoscopio ed il martelletto.

 

Dagli atti del II^ Corso-Convegno: "Internet ed Information Technology in Medicina".
Ospedale di Legnago (Verona)18 dicembre 1999. Pubblicazione su "E-Neuro": 30 dicembre 1999

Corrispondenza con l'autore:  renzobassi@indicemedico.it

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