L’ATTIVITA’ OSPEDALIERA: I RAPPORTI CON LE COMMITTENZE.

Stefano Biasioli, Presidente Nazionale CIMO
Legnago
       

In sanità, come in altri settori, parlare di committenze significa parlare di “ clienti”. E’ cliente non è solo il soggetto privato, che chiede alla struttura una prestazione (qualunque essa sia) ma è anche un soggetto pubblico, che può lavorare all’interno della stessa o di altra struttura del S.S.Nazionale. Di fatto, una qualunque U.Operativa, un qualunque Servizio del Settore Sanitario può ricevere la richiesta di una prestazione da diverse istituzioni/soggetti: direttamente dal cittadino privato; dal medico di medicina generale curante; da un altro medico specialista esterno; dal pronto soccorso; da un medico specialista interno dello stesso settore o di un settore specialistico affine; da un medico specialista interno appartenente ad un altro settore e ad un’altra area funzionale ( medica, chirurgica, materno-infantile, dell’emergenza territoriale). Almeno 6 tipologie di richieste, per un unico tipo di prestazione. Almeno 6 tipologie di richieste, da parte di soggetti che – poi – avranno una diversa capacità di lettura e di interpretazione di quella stessa, identica, prestazione. I rapporti con il COMMITTENTE, quindi, non riguardano solo : la 1) rapidità di risposta nella effettuazione di quel certo esame, di quella certa visita, di quella certa indagine strumentale; la 2) qualità di effettuazione della prestazione, ma anche 3) la tipologia della refertazione. Tutto questo per affermare , in sostanza, che – a fronte di 6 tipologie di richieste – non vi può essere una refertazione standard ma è necessaria una refertazione “ personalizzata” alla figura ed alla tipologia del committente stesso. E questo, garantisce quel “ plus” di qualità alla prestazione che è in grado sia di dare piena soddisfazione all’utente sia di sfruttare al meglio l’esame effettuato ed il suo risultato. Un semplice esempio potrà aiutarci a comprendere il problema. Un paziente può lamentare parestesie e prurito agli arti inferiori, per cui può arrivare ad effettuare una velocità di conduzione nervosa ed una elettromiografia. Ma quel paziente può essere: a) diabetico; b) nefropatico; c) epatopatico; d) carente di fattori vitaminici; e) portatore di esiti invalidanti ( incidenti stradali agli arti inferiori, grossi interventi chirurgici sull’addome o sugli arti); f) portatore di malattie sistemiche; g) anziano; h) malnutrito; i) sano etc… Da ciò l’importanza che il “ professionista” che richiede la prestazione sia chiaro nel fornire le informazioni generali sullo stato di salute dell’esaminando. Da ciò la necessità che “ l’indagine” venga effettuata sempre al meglio ma con particolare accuratezza in presenza di una patologia nota. 1 – Da ciò, la necessità che l’indagine specialistica sia valorizzata dalla visita specialistica, cioè dall’intervento medico che consentirà di evitare errori od omissioni legati ad un esame standard codificato per un paziente standard. I pazienti sono tutti DIVERSI tra loro; le REFERTAZIONI non possono essere STANDARD ma devono tener conto dei diversi fattori in gioco: la complessità del paziente e la tipologia del committente. Per restare all’esempio sopra ricordato, la polineuropatia trovata non avrà la stessa importanza se il soggetto in questione è un soggetto con o senza una malattia sistemica. Il disturbo isolato, anche se non diagnosticato correttamente, non farà comunque grossi danni in un soggetto altrimenti sano. Lo stesso disturbo, in un uremico od in un diabetico, può essere invece spia di un aggravamento della patologia e - se non identificato – può portare a gravi complicanze successive, che ledono l’autonomia individuale, favoriscono le infezioni sovrapposte ed aggravano la patologia di base. Qualità dell’esame, quindi, significa anche qualità di refertazione, con personalizzazione della stessa e con colloquio ( se necessario) con il professionista committente e con il paziente. Qualità dell’esame significa una refertazione che: eviti l’uso di abbreviazioni sconosciute ai più; eviti frasi fatte tipo “ situazione stazionaria rispetto al precedente esame, senza che si riassuma il referto dell’esame precedente. Perché? Perché il committente attuale può essere diverso da quello che aveva ricevuto il referto precedente; perché il referto precedente può essere stato consegnato al paziente ( che poi l’ha perso); perché la stazionarietà può essere basata su elementi soggettivi e non su elementi aggettivi. Qualità dell’esame significa riportare, nella refertazione, i VALORI NUMERICI dell’ESAME STESSO; significa accompagnarli dai VALORI NUMERICI NORMALI e dai VALORI di EVENTUALI ANALOGHI ESAMI PRECEDENTI. Significa fare seguire i valori numerici da UNA SINTESI CHIARA, con CHIARE INDICAZIONI CLINICHE, TERAPEUTICHE e di FOLLOW UP ( quando necessario). QUALITA’ dell’ESAME significa sfruttare tutte le potenzialità dall’indagine stessa. UN ECG computerizzato dovrà essere verificato e corretto nella diagnosi automatica (ove necessario) se quest’ultima fosse parziale o dubbia. UN EEG dovrà essere letto in modo completo e refertato in modo adeguato, comprensibile anche per i non specialisti. Un referto a base di “ onde theta o delta” non dice nulla ad un medico generico o ad un nefrologo, oppure dice molto poco. Una refertazione corretta può far perdere più tempo, ma solo in apparenza. Perchè una refertazione sibillina ha più del 50% di probabilità di essere inutile sul piano terapeutico e moltissime probabilità di dover essere ripetuta, con ulteriori problemi sulla sua efficacia. Una refertazione corretta, deve essere chiara per il medico che la leggerà e dovrà contenere precise indicazioni sia sugli eventuali tempi dei successivi controlli sia sulle indagini ulteriori, utili a definire quel certo dubbio diagnostico. Già, la chiarezza favorisce i rapporti, sempre. Nel nostro caso, la chiarezza è sinonimo di qualità, di prestazione completa e di prestazione corretta, effettuata su quel dato paziente. 2 - Una ulteriore considerazione va, infine, fatta in tema di LINEE GUIDA di DIAGNOSTICA e di CODIFICA delle PROCEDURE. Perché? Perché – oggi – il paziente “ gira”, chiede ed ottiene il parere di più specialisti. Da ciò la necessità di un linguaggio comune, nell’ambito di una certa specialità e di una certa tecnica, al fine di ottenere REFERTAZIONI COMPARABILI TRA LORO. Così oggi non è, molto spesso. Ma così dovrà essere sempre di più, proprio per garantire una migliore efficacia a quello che viene fatto ed anche per porre sempre di più il paziente al centro del sistema. Il paziente va responsabilizzato perché il paziente è il gestore della sua vita, della sua storia clinica, della sua cartella clinica. Se il paziente è il protagonista ( attivo e non passivo) del sistema, spetta a noi garantirgli quelle informazioni, chiare e corrette, che potranno essere poi utilizzate da tutti i diversi possibili interlocutori del paziente stesso, ossia dai nostri “ committenti”.

 

Dal V° corso per operatori di neurofisiologia Legnago 14 ottobre 2000

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